2/3 Dry Sherry
1/3 Vermouth rosso
Una goccia di Orange Bitter
Si prepara nel mixing glass e si serve in una coppetta a cocktail.
Origini e curiosità
Adonis è il nome di una pianta tanto bella quanto velenosa. Non a caso è sinonimo di bellezza e tutto parte da Adone, il nome del dio greco, (in greco Άδωνης, oppure: Άδωνις) di origine semitica e dal significato apparentemente controverso: simboleggia sia la bellezza giovanile, sia il rinnovamento della natura (morte e rinascita con il ciclo stagionale). Tuttavia nessuna di queste due fonti pare abbia ispirato il nome del drink. Adonis era invece un musical molto popolare nel 1884 (ed ancora oggi lo è).
Si trattava del genere burlesque e fu prodotto da Edward E. Rice (il quale compose le musiche insieme a John Eller). Tratto da un libro di William Gill, ha superato le 603 repliche a Broadway (al teatro Bijou), tanto da essere considerato lo spettacolo più longevo da quando è nato.
La trama racconta la storia di una splendida statua maschile che prende vita, ma dopo varie peripezie, decide di ritornare sui suoi passi. La donna che lo scolpisce lo trova talmente attraente che finisce di innamorarsi di lui. Ecco che con l’aiuto di una dea viene trasformato in un essere umano, con tutti i problemi che gli capitano: si innamora di una ragazza di provincia, ma alla fine non riesce a conquistarla. Frustato e stanco, con tutta la città infatuata di lui, Adonis chiede di tornare statua.
L’idea dell’autore che una statua potesse prendere vita non era campata in aria: si basava su una credenza antica, detta telestica. Questa arte magica si occupava di animare statue dopo averle consacrate con particolari riti e grazie anche all’uso di particolari sostanze, al fine di ottenere guarigioni, maledizioni o responsi dalla viva voce delle statue. Ma non solo: queste potevano anche lacrimare, sudare sangue, sorridere o guardare con occhi adirati.
Di questi procedimenti troviamo traccia nell’Asclepius (24,10-15), dove si legge: “Statue animate nei sensi animali e piene d’intelletto, che fanno tante e tali cose stupefacenti; statue che predicono il futuro con le sorti, con i versi, o mediante i sogni per incubazione e in molte altre maniere; che provocano malattie o, soprattutto, guarigioni agli uomini, o che dispensano felicità o tristezza in base ai loro meriti.”[1]
Lo spettacolo teatrale messo in scena da Rice era del genere burlesque (burlesco, divertente). Nacque come spettacolo satirico in Inghilterra nel XVIII secolo e acquisì nel tempo caratteristiche più comiche e parodistiche. Arrivò negli Stati Uniti fino a diventare, nel Novecento, ricco di caricature, canzoni e danze di ballerine (col tempo sempre più svestite) che eseguivano anche spogliarelli. Con il passare del tempo perse la sua impronta caricaturale per avvicinarsi sempre di più, come genere, al varietà.
[1] Magia incantamenta, Massimiliano Kornmuller, Edizioni Mediterranee, Roma 2013.
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