I tanti volti del Martini Dry

Come bere un Martini dry?

La scena è tratta dal film Il fascino discreto della borghesia di Luis Bunuel

 

Il Martini Dry

Pare che questo cocktail sia stato ideato da un tale Martini, italiano nativo di Arma di Taggia, intorno al 1910 presso il Knickerbocker Hotel di New York in onore di John D. Rockefeller.

Questa versione è la più accreditata ed è stata documentata da John Doxan in Stirred – Not Shaken. Altri autori sostengono invece che sia un Martinez di New Orleans negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento.

In realtà le tesi riguardanti le origini di questo cocktail sono numerose e, in gran parte, vicine alla leggenda. Altre versioni vedono il cocktail nascere in una cittadina della California di nome Martinez. Qui è presente una targa in bronzo che recita: “In questo luogo, nel 1874 Julio Richelieu, barista, ha servito il primo Martini a un minatore che, entrato nel suo saloon… aveva chiesto qualcosa di speciale. Gli venne servito un ‘Martinez Special’. Dopo tre o quattro bicchieri la ‘z’ si era persa per strada.”

Andando a ritroso nel tempo, intorno al 1860, pare che Jerry Thomas, il celebre barman, nonché titolare di un bar a San Francisco presso l’Occidental Hotel sulla Montgomery Street, avesse servito un cocktail di nome Martinez ad un cliente in viaggio appunto per Martinez.

L’Oxford English Dictionary invece associa erroneamente l’origine del nome del cocktail a quello del Vermouth dry della Martini & Rossi, ma la ditta sarebbe nata più tardi del cocktail stesso.

Inoltre sono molti gli aneddoti e le storie che ruotano intorno al Dry Martini. Nikita Kruschchev (Nikita Sergeevic Chruscev), politico sovietico succeduto a Stalin nella carica di primo segretario del PCUS nel 1953 e divenuto Primo Ministro dell’URSS nel 1958, dopo aver bevuto per la prima volta un Dry Martini esclamò: “l’arma americana più letale”.

Dorothy Parker, scrittrice statunitense, durante un party in suo onore sentenziò: “ I like to have a Martini, two at the very most. After three I’m under the table, After four I’m under my most (adoro farmi un  Martini, perfino un secondo bicchiere, al terzo finisco sotto il tavolo, al quarto sotto il mio cavaliere)”. William Powell, attore cinematografico statunitense (Pittsburgh 1892- Palm Springs, CA 1984), disse con enfasi nella serata di presentazione di un film: “Un Manhattan lo mescoli a tempo di fox trot, un Bronx lo agiti al tempo di two steps ma, un Dry Martini lo si deve mescolare solo, al tempo di un valzer”.

 

 

Alcune ricette storiche

  Il Dry Martini faceva parte delle 6 ricette fondamentali del The Fine Art of Mixing Drinks di David A. Embury, del 1948.

La ricetta proposta da Embury era la seguente:

7 parts English gin

1 part French (dry) Vermouth

 Harry Craddock negli anni Trenta sostanzialmente non la modifica e la propone in frazioni, nel seguente modo:

½ Vermouth francese

½ Gin

1 spruzzata di Orange Bitters

Shakerare bene e filtrare nel bicchiere da cocktails

Come si può notare in proporzione, i due ingredienti hanno la stessa percentuale. Negli anni a seguire, sull’esempio del Martini Dry codificato IBA la ricetta resta pressoché identica. Negli anni Novanta si presenta in questo modo:

  • 8/10 di Gin
  • 2/10 di Vermouth dry

Nel 2004, nella codificazione di Las Vegas diventa:

  • 5,5 cl Gin
  • 1,5 cl Vermouth dry

Ed infine nell’ultima codificazione IBA il drink è così composto:

  • 6 cl Gin
  • 1 cl Vermouth dry

In tutti e tre i casi si prepara nel Mixing-glass e si decora con oliva verde oppure sprizzo di olio essenziale di limone.

Le varianti

Il Dry Martini è un cocktail con molte varianti (da qui la confusione nella clientela che vede preparare Martini in diversi modi). Il Dry Martini è la ricetta codificata dall’IBA (che si rifà a quella di Embury). Poi vi è il Martini Montgomery e Martini all’americana. Questi tre diversi modi di preparare la bevanda la caratterizzano nel gusto, dal secco del dry al very dry del Montgomery all’extra dry di quello all’americana dove il Vermouth concede solo il profumo e nulla più (in questa versione infatti il Vermouth viene solamente usato per profumare il ghiaccio e poi viene eliminato). Il nome Montgomery al Martini fu dato da Hemingway, il quale sosteneva che il Generale Montgomery era solito attaccare il nemico solo quando le sue forze erano in rapporto di quindici a uno, così anche il suo Martini doveva essere di 15 parti di Gin e una di Vermouth.

Tra le varianti più conosciute del Dry Martini, troviamo anche lo Sweet Martini ed il Medium Martini, oltre al Vodkatini, quello preferito da James Bond che chiedeva: “Vodka Martini agitato, non mescolato” (quindi riferendosi alla ricetta di Craddock). Queste varianti, insieme al cocktail Gibson, fino al 2011 erano presenti nel ricettario IBA e quindi conosciute in tutto il mondo. Nel 1987 la codifica IBA propose anche una variante denominata Tequini: 8/10 di Tequila e 2/10 di Vermouth dry.

Dirty Mrtini

Tratto dal libro In principio furono … 50 Cocktail IBA (edizioni Sandit, con prefazione di Francesco Conte)

Un clic per l’anteprima del libro